Ciò che distingue maggiormente l’Italia dagli altri paesi europei e anche del mondo è proprio la nostra cucina, con la pasta, la pizza, le carni, i dolci, il vino e chi più ne ha più ne metta. Con l’EXPO che ha portato migliaia e migliaia di visitatori da tutto il mondo per assaggiare ciò che sono i cibi e quindi la cultura di tutti i paesi che il mondo comprende, però vi è stato un “sviluppo” da parte dell’EU, che ha sempre introdotto prelibati cibi esteri da molti stati tra cui Italia, Francia, Spagna, USA, Asia, Giappone, Marocco e così via.
Questo sviluppo, che ha creato una sorta di dibattito tra le persone, è appunto quello dei NOVEL FOODS, ossia piatti contenenti alghe, insetti, semi di chia, proteine di colza, flavonoidi derivanti dalla Glyoyrrhiza glabra, nuovi coloranti, alimenti prodotti in laboratorio con nanomateriali provenienti per lo più da culture dei Terzi Paesi e che sono considerati da alcuni il cibo del futuro.
Ovviamente per noi europei, specialmente italiani molto tradizionalisti, risulterebbe essere difficile riuscire ad affrontare questi piatti “innovativi” che sono normali però per le popolazioni abituate a questo tipo di nutrizione. C’è da dire inoltre che la medesima cosa la possono pensare e provare quelle popolazioni stesse riguardo i nostri cibi con cui ci alimentiamo : per esempio, il fatto di non mangiare la mucca in India o il fatto che gli orientali non si cibino di volatili, tutte e due cose che noi mangiamo invece. Tutto è basato dal tipo di cultura con cui ogni popolazione cresce e porta avanti anni dopo anni.
L’integrazione di questi novel foods, però probabilmente, porterebbe ad un incremento economico del commercio e anche a uno sviluppo tra Oriente e Occidente e, inoltre, alla conoscenza e all’integrazione parziale delle varie culture nel nostro paese e quindi si soddisferebbe anche una curiosità di nuovi gusti e di nuove cibanze.
Però, specialmente in Italia che presenta una delle migliori e più salutari alimentazioni a livello mondiale, questo avanzare inserendo nei nostri menù questi tipi di cibo non riscuoterebbe molto successo , almeno per il 40/50 % della popolazione perché, in primo luogo, anche solo come ciò che stiamo assaggiando si presenta determina il nostro gusto e piacere nel mangiarlo. In secondo luogo, basandoci sella nostra alimentazione tipica, il fatto di mettere in bocca qualcosa che nella

nostra società non può essere associato a del cibo, ne sono esempio gli insetti, complicherebbe l’integrazione degli alimenti stessi.
Praticamente ciò che potrebbe non portarci a integrare questi cibi innovativi è dovuto specialmente a una questione culturale e comunque basata sulle nostre abitudini, in questo caso italiane, dove non vi è l’associazione di determinati cibi a determinati insetti, animali, pesci, organismi, ecc.
In conclusione, è difficile determinare se questa innovazione, integrazione e commercializzazione di novel foods potrà portare conseguenze negative o positive nelle nostre alimentazioni abituali o se, comunque, sia giusto commercializzarli e possano essere considerati e chiamati i cibi del futuro. Anche se come si dice in Italia “ tentar non nuoce ” . C’è da chiedersi però se tutto questo sia voluto per fini economici delle aziende e compagnie alimentari o integrativi e culturali dei vari paesi tra i quali anche quelli del Terzo Mondo.

Bonafini E. Carigi A. Chiamenti L.M. Condemi A.

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