Il 7 gennaio 2015, a Parigi, nei pressi della sede del giornale satirico “Charlie Hebdo” sono state uccise dodici persone. Si tratta di un attacco terroristico da parte dell’ISIS, che ha come protagonisti i due fratelli Kouachi, uccisi dalle forze dell’ordine il 9 gennaio. Dopo aversi fatte aprire le porte da una vignettista presa in ostaggio, e in seguito rilasciata, i due terroristi hanno fatto irruzione nella redazione con armi da fuoco che, in pochi minuti, hanno lasciato il segno in tutta la comunità europea. Il motivo del loro atto è che l’Islam si è sentito offeso per le vignette satiriche, riferite alla loro religione e pubblicate sulla rivista. In questo momento tutti gli stati sono in allerta per paura di un attacco terroristico, come quello che si è verificato in Francia la settimana scorsa, che nega i diritti fondamentali dell’uomo come la libertà di stampa, di opinione e di scelta. Non tutti sono d’accordo con l’occidente globalizzato, che difende il giornale satirico perché, come dice Y. Tawfic, giornalista e scrittore iracheno, in un’intervista al programma radiofonico “Fahrenheit”: “la mia libertà si ferma dove inizia quella del mio prossimo” e in questo contesto non è stata rispettata: sia dal punto di vista di “Charlie Hebdo”, che ha invaso il territorio islamico con vignette inappropriate; sia dal punto di vista di Al-Quaeda che, sentendosi presa in causa, ha reagito di conseguenza, oltrepassando il limite e uccidendo coloro che non hanno accolto i valori dell’Islam, come la venerazione e il rispetto per il sacro. I terroristi hanno pagato con la morte, dopo essere stati ugualmente umiliati con la continua pubblicazione del settimanale francese che, come immagine di copertina, raffigura Maometto che piange sotto la scritta “tout est pardonné” che significa: “Tutto è perdonato”. Il giornale satirico “Charlie Hebdo” viene ricordato in tutto il mondo, con simboli come le matite, con la scritta “je suis Charlie” e con diverse manifestazioni in molti paesi europei.

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