Negli ultimi mesi si è iniziato a parlare molto di Revenge Porn, definito anche pornografia non consensuale, ossia la diffusione di video o foto intime e private di una persona senza il suo consenso. Questo reato, che rappresenta a tutti gli effetti un abuso sessuale tramite immagini, suggerisce la parola porno vendetta, nata da un pensiero di fondo che è quello di credere di avere pieno controllo e possesso di un’altra persona. Questa vendetta viene attuata caricando sui siti web materiali intimi, incoraggiandone la condivisione, atto che porta ad un allontanamento della vittima da contesti sociali e lavorativi. E’ successo questo nel caso della maestra di Torino, la quale, come del resto la maggior parte delle donne che subisce violenza di genere, è stata colpevolizzata per il reato che ha subito, venendo accusata di essere lei la responsabile avendo registrato e divulgato materiali intimi. La verità è che un tale gesto nasce solamente da una mentalità distorta, una gravissima mancanza di rispetto e un eclatante atto di tradimento della privacy dell’altro.