Il cosiddetto “revenge porn”, tradotto letteralmente “pornovendetta”, è la condivisione, on-line, ma anche off-line, di immagini o video intimi di una persona senza il suo consenso.
Ed è proprio ciò che è successo alla maestra d’asilo, che ha pagato con l’allontanamento dal suo lavoro, e che, probabilmente, non otterrà più a causa dell’immagine pubblica creatasi.
Ma è giusto che la società la incolpi per un qualcosa non voluto e soprattutto, subendo addirittura il reato di violazione di privacy, che la escluda dall’ambiente lavorativo, e non solo?
La nostra società si proclama aperta di mente e libera da vincoli, eppure un atto largamente diffuso e su cui sono stati girati numerosi film, che hanno ottenuto il record d’incassi nelle sale cinema, è stato ingigantito: forse perché si tratta di una figura femminile?
È necessario vivamente di riflettere su quest’ultima domanda retorica, poiché la nostra società, nonostante proclami la parità dei sessi, è ancora fortemente legata alla discriminazione della figura femminile in specifici ambiti, come quello del sesso.