Con “revenge porn” (“porno-vendetta”) si intende la diffusione in rete di contenuti multimediali, che siano foto o video, senza il consenso del diretto interessato. Il nome stesso del fenomeno ci chiarisce la sua natura assolutamente personale. È una vendetta, una tra le peggiori, compiuta da un individuo con l’intento di distruggere psicologicamente la persona con cui poteva vantare un’intimità tale da condividere contenuti così personali. Chi compie un atto simile non può esser definito altrimenti se non criminale, dal momento che agisce divulgando contenuti altrui. Purtroppo però, al giorno d’oggi, non tutte le nazioni riconoscono il revenge porn come un crimine: solo trentotto Stati statunitensi più nove altri Paesi, tra cui l’Italia. Proprio in Italia, recentemente, si è parlato di revenge porn: sono stati condivisi, da parte di un ex fidanzato, contenuti sessuali che ritraevano una maestra d’asilo, la quale ha successivamente perso lavoro e dignità sociale.
Fatti come questo ci rammentano tristemente che tutto ciò che viene condiviso in rete non può più essere rimosso e che terzi potrebbero divulgare i nostri contenuti personali, per cui bisogna prestare sempre molta attenzione. Questo però significa prevenire il problema, ma non curarlo. La mentalità che dovrebbe caratterizzare tutti gli individui è che, seppur a seguito della condivisione di un determinato contenuto, colui che lo riceve lo ha a disposizione, ma non lo possiede. Nello specifico, lo può visionare, ma non ha il diritto morale di divulgarlo.