La morte di una persona è sempre una notizia dolorosa per amici e conoscenti: non è forse vero che ci accorgiamo di quanto fosse importante e speciale qualcuno solo quando ormai l’abbiamo perso? Tutte le parole non dette, tutte le azioni non fatte, tutte quelle esperienze che avresti voluto condividere con chi viene a mancare diventano un peso enorme sul cuore, proprio perché ci si accorge che ormai sono andate per sempre. Come scriveva Orazio, nella vita bisogna cogliere l’attimo, perché non si può mai sapere se domani sarà ancora possibile farlo. L’abitudine alla vicinanza con un nostro simile ci intorpidisce i sentimenti, portandoci a perdere pian piano la concezione della vera importanza della sua presenza nella nostra vita.
In passato, quando un familiare o un caro amico lasciava questo mondo, gli oggetti che rappresentavano un suo ricordo fisico erano le sue lettere o le sue foto, mentre nella memoria di chi lo aveva conosciuto rimaneva il ricordo del suo profumo, della sua voce, del suo carattere o anche semplicemente di tutte quelle piccole cose fatte insieme. Ora però sono entrati in gioco molti altri fattori che possono rappresentare un ricordo del defunto: uno tra tutti, gli account digitali. Tutto quello che nel corso degli anni viene fatto all’interno di un account viene registrato e salvato, lasciandovi una traccia indelebile, una sorta di “seconda vita digitale”. Che fare però degli account di utenti deceduti? Essendo i social network una tecnologia molto recente, non esiste alcuna legge che regolamenti la gestione di un account quando il proprietario non è più in vita. Molti account pubblici di Instagram (come quello di Lil Peep, morto nel novembre del 2017, o Juice Wrld, morto nel dicembre 2019) sono stati presi in gestione dai social manager dei proprietari, che hanno continuato a postare regolarmente contenuti attraverso l’account della celebrità stessa, mentre altri (come quello di Maradona, morto nel novembre dell’anno scorso) non hanno più postato alcuna foto/immagine dal loro decesso. Storia diversa è quella per gli account privati: di solito, infatti, l’unica persona capace di accedere all’account è il proprietario stesso, che al momento della morte ovviamente non lascia le credenziali d’accesso ai suoi familiari, rendendo così teoricamente impossibile l’accesso ad altri. È qui però che entra in gioco l’azienda che gestisce il social perché, essendone la proprietaria, può ovviamente avere accesso a qualsiasi account registrato sulla piattaforma, condividendo le credenziali con chiunque ne avesse il bisogno.
Quindi si ritorna al problema iniziale: come bisogna comportarsi con gli account delle persone decedute? La soluzione più logica sarebbe quello di lasciare decidere ai familiari se prendere il controllo dell’account oppure anche direttamente eliminarlo dalla piattaforma. Qui sorge però un altro problema e cioè la volontà del morto di lasciare o meno la possibilità alla sua famiglia di accedere, modificare o eliminare il suo account dai social. La privacy non può ovviamente essere violata neanche da morto.
Non bisogna comunque mai dimenticare che la memoria di chi non c’è più non è data dalla presenza o meno del suo account Instagram o Facebook sui social, ma piuttosto da tutte quelle piccole cose e storie che compongono il suo ricordo nelle menti di chi lo ha veramente conosciuto.
