I giovani italiani sembrano sempre meno propensi a metter su famiglia, a dimostrarlo una campagna informativa che attraverso dati statistici mostra come più della metà dei ragazzi italiani di oggi non vede nel proprio futuro a lungo termine la presenza di uno o più figli. Se da un lato fra le incombenze più gravose c’è la capacità di far fronte alle spese economiche connesse alla prole, dall’altro a far paura è la presenza di un legame stabile indissolubile.

Inutile dire che la crescente instabilità economica, il precariato e il flebile aiuto dello stato giocano un ruolo decisivo nel fenomeno delle culle vuote.

Eppure l’Italia è da sempre il paese del “tengo famiglia‘’, cos’è andato storto in questi anni?

Sinteticamente potremmo riassumere con i tempi sono cambiati, per tutti e per più ambiti. A partire dall’età pensionabile che si è considerevolmente mossa in avanti non permettendo più di fatto ai nonni di poter essere tali, ciò ha portato i componenti della coppia a meditare sulle capacità economiche della coppia di potersi permettere un aiuto nella crescita dei figli, gran parte delle volte non possibile. Quest’ ultima inattuabilità porta in molti, nel caso in cui vinca il forte desiderio di avere un figlio, alla rinuncia parziale o totale della carriera attraverso l’abbandono del posto di lavoro oppure riducendo il monte ore di lavoro in quasi tutti i casi da parte delle donne. Forse allora le culle saranno ancor più vuote in futuro non solo perché siamo degli egocentrici narcisisti ma anche perché dopo anni di sacrifici sui libri una carriera che ci soddisfi la vogliamo un po’ tutti sia maschi che femmine e non c’è nulla di sbagliato, l’ingiustizia piuttosto si cova dietro alla rinuncia che ci si chiede ancora di fare. Non aiuta poi di certo la situazione l’ideologia della superdonna, meno gravosa per il genere maschile, per cui dobbiamo essere e fare tutto da sole, senza aiuti esterni e alla perfezione, come se si dovesse vivere una relazione e dei figli alla pari di uno slalom di sci. Poi si deve pur ammettere che se i tempi cambiano anche le tempistiche devono cambiare, insomma, a venti anni si è ancora matricole universitarie, le esperienze da fare sono ancora tantissime e il profilo lavorativo non è ancora definito. Se praticamente ieri ci hanno detto che l’adolescenza finisce a ventun anni chiederci a vent’anni se vorremmo un figlio non sarà un po’ presto oppure e il genere umano che non è mai pronto per certe cose? 

0 Commenti

Lascia un commento

CONTATTACI

Hai una domanda? inviaci una e-mail e ti risponderemo al più presto.

    Il Quotidiano in Classe è un'idea di Osservatorio Permanente Giovani-Editori © 2012-2023 osservatorionline.it

    Effettua il login

    o    

    Hai dimenticato i tuoi dati?

    Crea Account