L’Italia negli ultimi anni a causa degli smartphone, dei computer, e dei videogiochi online è diventata un popolo di videodipendenti. I videodipendenti sono quelle persone che fanno un uso eccessivo di Internet, e passano la maggior parte della loro vita davanti gli schermi.
Gli italiani adottano uno stile di vita sempre più “digitale”; è quanto emerge dal quarto rapporto Auditel-Censis dal titolo “L’Italia multiscreen: dalla Smart Tv allo schermo in tasca, così il Paese corre verso il digitale” pubblicato il 19 novembre scorso.
La ricerca ha rilevato che nel nostro Paese ci sono quasi 120 milioni di schermi, con una media di 5 schermi a famiglia. Complice anche la pandemia, il numero dei dispositivi posseduti e di connessioni digitali è aumentato notevolmente e la televisione ha riacquistato il suo potere di intrattenimento grazie sia alle smart TV, in quanto porte di accesso ad Internet, sia agli smartphone diventati delle vere e proprie TV tascabili.
L’incremento, inoltre, non riguarda soltanto i dispositivi, ma anche l’utilizzo della connessione: ad oggi risultano collegate alla rete più di nove famiglie su dieci e in quasi sei su dieci è disponibile sia una connessione fissa che mobile. La possibilità di collegarsi alla rete ha inciso inoltre sulle modalità di fruizione dei contenuti televisivi: si guardano sempre più contenuti on demand, con la costruzione personalizzata di un proprio palinsesto.
I giovani pur essendo di fatto consapevoli di quelli che possono essere i rischi derivanti dalla propria presenza sui social network, difficilmente riconoscono che farebbero fatica a privarsene, anche solo per una settimana.
Non avere contatti fisici, reali, con i propri pari impoverisce la “dieta” del nostro cervello emotivo. Negli adolescenti, che vivono un’età in cui l’inclusione e l’accettazione nel gruppo è meta essenziale da raggiungere, la chiusura può aggravare quel senso di solitudine piuttosto frequente nella fase dello sviluppo. Di conseguenza, aumenta la propensione all’isolamento con il rinchiudersi in camera e passare ore su internet, e la mancanza di contatti fisici con i pari finisce per trasformarsi in un fattore di rischio per conflitti in famiglia. Questa situazione di pandemia ad esempio sta impedendo l’interazione e la comunicazione degli studenti con i compagni di scuola, il gioco, gli esercizi e le attività tra pari, che sono vitali per la crescita, l’apprendimento e lo sviluppo delle giovani menti.
Il “rifugio della mente” dentro il digitale, si è trasformato in una sorta di bolla avatar difensiva, che protegge ed isola, ma denuncia una difficoltà emozionale ed affettiva che non è stata colta.
Ci dice questo la ricerca scientifica sulle forme di Addiction: dietro ogni forma di abuso c’è una sofferenza affettiva, in termini relazionali non è altro che il sostituto di altro che non c’è, che si desidera ma che non si ha.
Così come tutte le droghe anche la dipendenza da Internet aumenta la quantità di dopamina nel cervello. A causare una piccola scarica di piacere è il fatto di ricevere gratificazione sociale, ricevendo un “like” o un commento positivo ad una foto condivisa, ad esempio, su Facebook. La dopamina è un neurotrasmettitore che controlla il sistema del piacere associato ad un’esperienza e quello della ricompensa, spingendo a ripetere quelle azioni che generano soddisfazione e appagamento, anche se solo momentaneo.
Ma in tutto ciò… qual è il vero problema che causano queste persone alla società di lavoro Italiana?
In tutto questo a rimetterci sono cinema e teatri dal vivo il cui consumo in Italia è nettamente inferiore alla media europea, nonché l’indice di lettura dei libri tra i più bassi d’Europa.
Oggi non si legge più. I giovani vedono la lettura come qualcosa di inutile, di “vecchio”, di noioso preferendo il cellulare ed i social network. Oggi sono pochi gli adolescenti che amano i libri e la lettura, un motivo di questa riduzione è il fatto che la tecnologia ha, a poco a poco, preso il sopravvento sulla vita delle persone. I dati mostrano che gli adolescenti preferiscono prendere in mano i loro dispositivi piuttosto che un libro.
Un altro motivo è il fatto che cresciamo in una società che non permette di sognare ma solo di pensare qual è la strada più facile per poter fare carriera.
C’è da dire che anche il fatto che a scuola molti professori obbligano gli studenti a leggere dei libri scelti da loro non favorisce la passione per la lettura, visto che i ragazzi si sentono costretti a leggere e a volte non svolgono neanche il compito assegnato preferendo magari vedere il film relativo al libro.
E la domanda che tutti i genitori si fanno è: “Ma come si può agire per far mettere giù il telefono al proprio adolescente, e fargli aprire un libro?
Il primo passo è quello di allontanare i figli dagli schermi, ma non legare la mancanza di tempo trascorso sullo schermo a lettura forzata. Ad esempio, non è utile “sequestrare” il telefono di un figlio adolescente e dirgli che può riaverlo dopo aver letto per 30 minuti.
Invece, quando si impone un divieto temporaneo sui dispositivi, ci si assicura che i libri siano la seconda opzione disponibile per allontanare la noia. Un modo per farlo, è quello di “sporcare la casa con titoli accattivanti”, come ad esempio romanzi grafici che con la loro abbondanza di immagini, insieme a temi più maturi e contenuti adatti alla loro età, possono aiutare gli adolescenti riluttanti ad entrare nel mondo della letteratura.
Se i ragazzi, infatti, non troveranno risposte affettive e relazionali soddisfacenti in famiglia o a scuola, dovranno cercare fuori altre forme di dipendenza indispensabili a riempire “un vuoto”.