Smartphone di ultima generazione, rivoluzionari modelli di elettrodomestici, tablet nuovi di zecca; tutto, prima o poi, smetterà di funzionare, costringendo gli acquirenti a sostituire l’oggetto in questione. Ma non sono certamente solo le nuove tecnologie, oggi, ad avere vita breve; tutti gli oggetti, infatti, sembrano essere destinati ad un ciclo di vita estremamente limitato, dalle cerniere alle scarpe. E sostituire, certamente, costa molto meno che aggiustare, così gli acquirenti, impossibilitati a rivalersi oltre il periodo assicurato dalla garanzia, tendono a gettare e sostituire i prodotti, alimentando la colonna portante di ciò che è la folle corsa al consumismo, in nome del principio dell’ “usa e getta”. Il nome di tutto ciò? Obsolescenza programmata. Non si tratta, infatti, di manifestazioni casuali, bensì di una truffa ai danni dei consumatori, di un sotterfugio dei produttori per rendere tutto inutilizzabile e necessariamente sostituibile dopo breve tempo. Un’astuta operazione di marketing che grava sui consumatori, ormai assordati dal richiamo del consumismo, e che affonda le proprie radici in un periodo non recente della storia. Il primo caso di obsolescenza programmata, infatti, risale al 1924, quando i principali produttori mondiali di lampadine emanarono a Ginevra il Cartello Phoebus, con il quale venne sensibilmente ridotto il ciclo di vita dei prodotti. Del resto, bisogna far girare l’economia e abbattere i costi di produzione, ma l’intero sistema grava sulle spalle dei consumatori, i cui oggetti vengono sostituiti in fretta con modelli sempre più nuovi, che li proiettano verso l’acquisto.
L’obsolescenza programmata, dal 19 agosto 2015, è divenuta reato in Francia, dove sono adesso previste multe salate e fino a due anni di reclusione per coloro i quali abusano di tale strategia di mercato. In Italia da tempo viene discussa una legge simile, la cui emanazione, tuttavia, continua ad essere procrastinata. Si tratta certamente del folle apice di un’economia che ha assunto i caratteri di una sfrenata – e vana – corsa verso il guadagno, verso un futuro più roseo, e che non si cura di alcuna moralità e di alcun interesse dei consumatori. Sarebbe certamente auspicabile un intervento adeguato dei governi nazionali e degli istituti sovranazionali, affinché pongano un argine alle astute manovre delle grandi multinazionali e si facciano portavoce dei consumatori, il cui richiamo è sempre più spesso ignorato, in favore della voce del profitto.

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