Da sempre l’inganno e la malizia serpeggiano nella nostra società. Silenziosi e letali, mirano ai bersagli più deboli, a coloro che non sanno come difendersi dall’astuzia di chi è interessato unicamente ad arricchirsi a scapito delle persone oneste e giuste. L’ultima frontiera dell’imbroglio potrebbe trovarsi proprio nel cellulare nelle vostre mani, nelle cuffiette nelle vostre orecchie, nel computer che avete davanti, o addirittura nella tastiera sotto le mie stesse dita. Ebbene sì, con l’imporsi delle nuove tecnologie, era più che naturale che gli sforzi a fini di lucro delle grandi multinazionali mirassero proprio al mastodontico mercato dell’hi-tech. La novità sta nel fatto che sono proprio le industrie produttrici di smartphone ed elettronica a “sabotare” i propri prodotti; ne accorciano la durata allo scopo di obbligare l’acquirente a comprare un nuovo dispositivo, eliminando quello vecchio ed alimentando così un ingente guadagno illegittimo. È il cosiddetto fenomeno dell’“obsolescenza programmata”.
Per introdurre questo concetto, racconterò un breve aneddoto. Nel 1900 la più grande produttrice di lampadine a incandescenza era il Cartello Phoebus, che deteneva il monopolio del mercato dell’illuminazione artificiale. Nel 1924, i dirigenti decisero di creare delle lampadine con un filo metallico più sottile in modo da ridurne la vita da 2500 ore di utilizzo effettivo a 1000 ore. Questo stratagemma aveva lo scopo di obbligare le persone a comperare nuove lampadine più spesso dal momento che quelle vecchie si fulminavano in meno tempo. Era il primo vero caso di obsolescenza programmata! All’epoca non esistevano leggi in merito a quella che veniva considerata solamente una stravagante strategia di marketing. Tuttavia, dopo anni di proteste si dovette imporre un arresto della produzione di lampadine “sabotate” e vennero emanate le prime leggi contro l’obsolescenza programmata.
Attualmente la limitazione della durata di un oggetto è illegale in molti Stati ed anche in Italia si stanno avanzando serie proposte di legge contro questo genere di truffa. Tuttavia, con la costante evoluzione delle tecnologie e l’aumento della complessità dei sistemi informatici e dei software che sono alla base di qualunque apparecchio elettronico, è diventato molto più facile introdurre dei “timer”, ossia dei programmi che provocano la graduale diminuzione delle prestazioni di un dispositivo o che ne causano, addirittura, l’arresto istantaneo. Nessuno sospetterebbe mai che dietro ad un improvviso guasto dello smartphone ci sia tutta una complessa rete di macchinazioni che hanno lo scopo di costringere lo sfortunato proprietario ad aggiustare o a sostituire il proprio cellulare. In genere, la calamità si abbatte su di esso proprio qualche giorno dopo lo scadere della garanzia, impedendogli di ricevere un rimborso. Spesso, infatti, sono proprio le stesse persone che dovrebbero riparare il dispositivo a dire, con una faccia divertita o con un malcelato sorrisetto, che è meglio comperare un nuovo dispositivo per risparmiare sulle riparazioni. Ed ecco che la strategia di mercato più subdola e irregolare di tutte colpisce una nuova, inconsapevole vittima.
Tuttavia, non dobbiamo credere che ogni singolo guasto sia legato ad un episodio di obsolescenza programmata: come ho detto questa pratica è ormai illegale e, personalmente, ritengo che siano ben poche le aziende che oserebbero infrangere la legge per un profitto relativamente basso. Dico tutto questo allo scopo di non far cadere i miei lettori in azzardate teorie complottiste contro tutte le grandi multinazionali: al mondo ci sono molte persone di potere a cui potrebbe non interessare il danno arrecato ad altri pur di arricchirsi, ma è altrettanto certo che esistono anche aziende serie ed affidabili che puntano al soddisfacimento del cliente oltre che a un consistente bilancio economico guadagnato in tutta onestà.
Esiste però un’altra forma di obsolescenza programmata non regolamentata e che, anzi, è all’ordine del giorno e frutta miliardi di euro all’anno a chi ne fa utilizzo: si tratta della pubblicità. La stessa pubblicità che vediamo in televisione, che osserviamo sui cartelloni per strada, che vediamo sui giornali e nelle migliaia di pop-up su internet è di per sè una forma di obsolescenza programmata. Il caso più comune di tutti è il cellulare: ne esce uno nuovo ogni mese e non differisce affatto da quello precedente o, al massimo, c’è qualche lieve modifica nel software che viene pubblicizzata come una “grande miglioria” e che in realtà alla fine si risolve come una variazione pressoché impercettibile. Bisogna tenere a mente che il potere delle grandi aziende risiede unicamente in slogan altisonanti, colori che attirano l’attenzione e attori sorridenti che invitano all’acquisto del prodotto pubblicizzato. Può sembrare una banalità, ma questa tecnica, se messa in atto in modo convincente e architettando i minimi dettagli per adattarli al volere del grande pubblico, è in grado di spingere migliaia di persone a desiderare un prodotto di cui non hanno bisogno.
Dunque il mio suggerimento è di porsi alcune domande prima di gettarsi a capofitto sul primo prodotto che capita: Ne ho davvero bisogno? Se ne ho già uno simile è davvero conveniente acquistarne uno nuovo? È davvero migliore di quello che ho io? Nell’incertezza potrei fare a meno di questo nuovo prodotto e aspettarne uno davvero migliore?
In definitiva, il mio consiglio è di ricordarvi che tutti abbiamo un cervello pensante e autonomo e che non dobbiamo sottometterci alle subdole strategie pubblicitarie che tentano di imporci uno stile di vita che non ci appartiene e che non decidiamo consapevolmente. Soltanto noi siamo in grado di stabilire cosa è meglio per la nostra vita e chiunque tenti di farci credere il contrario non ha idea di come sia veramente la nostra realtà e di cosa abbiamo davvero bisogno.

bell’articolo. Ottime immagini e titolo magnifico, mi fa venire in mente una scenetta Che risate! In effetti sembra fatto apposta proprio quando scade la garanzia si rompe tutto. Queste sono tutte strategie di marketing e purtroppo dobbiamo rassegnarci e diventare schiavi dei sokdi