L’obsolescenza programmata ha come scopo ridurre il tempo che intercorre tra acquisti ripetuti, l’idea è iniziata con le lampadine,ma ora si è spostata a tutti i dispositivi elettronici ed a ogni prodotto che possa eventualmente rompersi o diventare “old-fashioned”. Gli ingegneri molte volte sono quasi “costretti” a fare in modo che le cose vadano in discarica più velocemente e quindi sia necessario acquistare qualcosa di nuovo più velocemente.
Solo per fare un esempio, invece di usare nei suoi prodotti le solite batterie sostituibili, Apple le incolla al prodotto. La batteria si rompe? Questo ti costerà circa 100 dollari, richiederà una settimana ed Apple cancellerà la memoria del telefono. Questo ovviamente da un lato aumenta i guadagni già alti delle “compagnie”, dall’altro opera a discapito dell’ambiente infatti ci vogliono 244 kg di combustibili fossili, 21,8 kg di prodotti chimici e di 1,5 tonnellate di acqua per produrre un computer e il suo monitor; dovrebbe durare anni come minimo, invece viene sostituito dopo pochi mesi.
Con l’evoluzione dei prodotti, si sono evoluti anche i trucchi per renderli più deboli, per esempio usando materiali più “fragili” nei punti dove dovrebbero essere più resistenti, “incollando” i componenti come nel caso discusso in precedenza o addirittura “nascondendoli” in profondità come i chips delle stampanti.
D’altra parte essa è necessaria per scongiurare il pericolo di un crollo del mercato globale, infatti i cosidetti “beni di consumo” non esisterebbero più, e non ci sarebbe la necessità di comprare nuovi oggetti.
Riparare gli oggetti contribuisce sicuramente alla salvaguardia della natura mentre sostituire tutela l’esistenza del mercato globale, cosa è giusto dipende esclusivamente dal modo di pensare di ognuno di noi.

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