Essere un carcerato non è semplice. Si vive in compagnia delle proprie colpe, sotto costante sorveglianza, senza essere padroni di fare ciò che si vuole e, soprattutto, si è costretti a vivere, per tutta la durata della detenzione, lontani dalla propria casa e dall’affetto dei propri familiari.
In questi casi leggere un buon libro può essere l’unico modo per “evadere” dalla triste realtà che il carcerato vive, visto che egli può immergersi, di volta in volta, nella vita dei protagonisti che animano i racconti letti. “LIBRI IN SOSPESO” è un’iniziativa portata avanti da un libraio romano per arricchire le biblioteche delle carceri. Con l’aumento dei libri anche la richiesta di questi ultimi è aumentata, anche per il “premio finale” che i carcerati possono ricevere. Infatti, è stato promesso ai detenuti che, per ogni libro letto, riceveranno uno sconto di pena di tre giorni, fino ad un massimo di quarantotto in un anno.
I libri sono la salvezza dell’anima. La purificano da ogni male e alimentano la sete di conoscenza. Rendono le persone migliori. Ciò vale sia per i delinquenti, per coloro i quali si sono macchiati di crimini di vario genere, ma soprattutto per tutte le persone innocenti, che si ritrovano dietro le sbarre a scontare pene ingiuste o per reati non commessi.
Ritengo sia un’iniziativa molto interessante in grado di formare persone migliori, ma non esiste la certezza che sia sufficiente leggere dei libri per far cambiare il carattere di una persona. Per questo motivo nutro qualche dubbio circa la concessione al detenuto della diminuzione della pena come premio finale per aver dimostrato tanto amore per la lettura. Accanto alla buona volontà per i libri letti o “divorati”, ci vorrebbe anche l’analisi dettagliata da parte di uno specialista in psicologia per accertarsi che la lettura abbia veramente compiuto il “miracolo” di ammorbidire il carattere del soggetto che dovrà ottenere il meritato premio.

Mi piace moltissimo il modo in cui hai deciso di affrontare l’argomento, lo stile