“Un libro in sospeso” è un’iniziativa ideata da Massimiliano Timpano, un libraio di Roma, notando che nelle librerie penitenziarie c’erano pochi libri, ha deciso di portare, insieme ad altri suoi amici librai, alcuni libri per i detenuti. A questa iniziativa hanno aderito molte carceri italiane. Questa iniziativa si è ispirata ad una idea benefica e solidale, “caffè sospeso”, la quale consiste nel far comprare ad un cliente di un bar due caffè, ma consumandone uno solo e lasciando l’altro ad uno sconosciuto che ne ha bisogno o ad un senzatetto.
Inoltre all’estero la lettura in carcere è favorita, a tal punto da garantirsi uno sconto di pena in base ai libri letti, anche in Italia si sta definendo una proposta di legge simile a quella appena citata.
La lettura può essere di notevole importanza nel percorso penitenziario di un prigioniero, può favorire il pentimento e l’inizio di una nuova vita spirituale dopo il crimine.
Leggere potrebbe anche riportare un prigioniero nella quotidianità di tutti i giorni, faciliterebbe la riabilitazione e la rintegrazione del detenuto nella società al momento della sua uscita di prigione.
La lettura aprirebbe nuovi orizzonti ai detenuti e aprirebbe le loro menti, infatti molti dei crimini commessi sono causati dall’ignoranza, e per evitare che essi ricadano in questi crimini la cultura può essere un’ottima soluzione.
Un detenuto potrebbe guadagnare e raggiungere una libertà psicologica che potrebbe rendere migliore la detenzione forzata.
Non trovo motivi per il quale questa iniziativa non debba essere sostenuta, ci sono solo vantaggi da entrambi i lati, sia per il detenuto ma soprattutto per la società, poiché potrebbe far sì che il numero di prigionieri diminuisca, poiché la lettura, aprendo nuovi orizzonti al detenuto, gli permetterebbe di iniziare una nuova vita e di non ricompiere gli stessi errori e crimini.
Ricordiamoci che i detenuti, qualunque delitto abbiano compiuto, rimangono comunque degli uomini, ed essendo tali devono avere il diritto alla lettura.

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