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Le elezioni presidenziali statunitensi del 5 novembre 2024 rappresentano un evento cruciale non solo per gli Stati Uniti, ma anche per la scena internazionale. Quest’anno il confronto principale vede protagonisti l’ex presidente Donald Trump e l’attuale vicepresidente Kamala Harris. Il risultato di questa tornata elettorale potrebbe influire non solo sulla politica americana ma anche su quella mondiale, dalle relazioni internazionali all’economia, dall’immigrazione al cambiamento climatico.

 

A differenza di molte altre democrazie, gli Stati Uniti adottano un sistema elettorale indiretto noto come Collegio Elettorale. Questo sistema si basa sui cosiddetti “grandi elettori”, i quali non riflettono sempre proporzionalmente il voto popolare. Per vincere la presidenza, un candidato ha bisogno di 270 voti dei grandi elettori. I cittadini americani, quindi, non votano direttamente per il presidente, ma scelgono i rappresentanti elettorali del loro Stato, che a loro volta esprimono il voto per il candidato alla presidenza. Ogni Stato possiede un numero diverso di grandi elettori, basato sulla popolazione, ad esempio il Texas possiede 44 elettori e il Vermont 3. Gli elettori voteranno poi per il presidente in base alla scelta del loro Stato; ciò comporta che, se ad esempio Trump vincesse con il 51% dei voti in Texas, guadagnerebbe tutti i 44 voti dei grandi elettori. Questo sistema, detto “winner takes all”, può portare a una distorsione della rappresentatività: è possibile vincere la presidenza senza ottenere la maggioranza del voto popolare nazionale, come già successo nel 2000 e nel 2016.

Questa caratteristica del sistema elettorale americano alimenta il dibattito sulla natura della democrazia statunitense. Sebbene gli Stati Uniti siano considerati una democrazia, il sistema del Collegio Elettorale suggerisce che non si tratti di una democrazia “pura” in cui il voto di ogni cittadino ha lo stesso peso su scala nazionale. La possibilità che un candidato possa vincere senza la maggioranza del voto popolare porta alcuni a mettere in discussione la legittimità e l’efficacia di questo sistema.

 

Se Trump dovesse tornare alla Casa Bianca, l’impatto sull’America e sul resto del mondo potrebbe essere profondo e controverso. Dal punto di vista economico, Trump ha spesso adottato una politica protezionistica, volta a sostenere la produzione interna americana delle grandi compagnie a discapito delle importazioni. Questa linea potrebbe inasprire le relazioni commerciali, non solo con la Cina ma anche con l’Europa, riaccendendo tensioni che già avevano scosso i mercati durante la sua precedente presidenza.

In ambito internazionale, Trump ha più volte criticato la NATO e ha manifestato un approccio isolazionista, suggerendo una riduzione della presenza americana nelle istituzioni internazionali. Una sua rielezione potrebbe portare a una politica estera meno collaborativa, incidendo sulle relazioni con l’Europa e altri alleati storici degli Stati Uniti. Sul fronte dell’immigrazione, Trump ha promesso politiche ancora più severe, comprese misure di contenimento alle frontiere e riduzione dei programmi di accoglienza per i rifugiati, con potenziali ripercussioni sui flussi migratori globali.

 

Una vittoria di Kamala Harris porterebbe un cambiamento significativo, sia in politica interna siaestera. Harris si è dichiarata impegnata a rafforzare le relazioni internazionali, in particolare con l’Europa e i partner asiatici, segnando un’inversione rispetto all’isolazionismo trumpiano. Una maggiore collaborazione potrebbe rafforzare le alleanze occidentali, e Harris ha promesso di rinnovare l’impegno degli Stati Uniti verso la NATO e altri trattati internazionali.

Per quanto riguarda i diritti delle donne e le questioni sociali, Harris ha dimostrato un forte impegno. La sua elezione rappresenterebbe un segnale importante per le donne in tutto il mondo, offrendo un modello di rappresentanza femminile ai vertici del potere. Il tema del razzismo è anch’esso centrale per Harris, che si è impegnata a promuovere politiche inclusive e a contrastare le disuguaglianze razziali, specie nei settori della giustizia e dell’istruzione.

Infine, il cambiamento climatico è uno dei temi principali della campagna di Harris, che ha proposto ambiziosi piani di riduzione delle emissioni e investimenti nelle energie rinnovabili. A differenza di Trump, che aveva ritirato gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi, Harris ha ribadito l’impegno verso gli obiettivi ambientali, cercando anche di spingere le aziende verso un’economia più sostenibile.

 

Le elezioni americane del 2024 rappresentano uno snodo decisivo per il futuro degli Stati Uniti e per il loro ruolo globale. Con Trump alla Casa Bianca, è probabile un ritorno a una politica estera più rigida e un possibile allontanamento dai partner internazionali, mentre Harris potrebbe inaugurare una stagione di cooperazione internazionale e progressi nelle politiche sociali e ambientali. Entrambi i risultati avranno profonde conseguenze, dall’economia ai rapporti internazionali, e il mondo intero segue con attenzione l’esito di queste elezioni cruciali.

Non ci resta che aspettare il 5 novembre per scoprire chi l’America sceglierà per il futuro di tutto il mondo.

 

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