Il nostro Servizio Sanitario Nazionale, istituito nel 1978, è spesso celebrato come uno dei migliori al mondo, grazie alla sua struttura decentralizzata e al principio universalistico che, in teoria, garantisce l’accesso alle cure mediche per tutti, senza discriminazioni. Tutto ciò significa che non dobbiamo stipulare un’assicurazione come negli Stati Uniti e possiamo chiamare un’ambulanza senza temere costi insostenibili. Tuttavia, la realtà è ben diversa, i ritardi e le inefficienze fanno sì che l’accesso ai servizi sanitari sia più teorico che effettivo.
Nel mio caso, il mio medico mi ha prescritto una visita oculistica di routine da effettuarsi “il prima possibile”. Tuttavia, se per il mio medico “il prima possibile” significa qualche settimana, per il Servizio Sanitario Nazionale potrebbe significare un’attesa anche di un anno, come d’altronde è successo, un periodo che potrebbe compromettere la prevenzione e la salute del paziente.
Purtroppo troppe famiglie italiane sono costrette ad indebitarsi per potersi curare o, peggio ancora, decide di non curarsi affatto. Ma la realtà è che la situazione è complicata anche per le strutture sanitarie. Se una regione garantisce 1000 prestazioni al mese, ma riceve 3000 prenotazioni, il sistema si blocca.
Quando prenotiamo una visita, il primo passo è contattare il CUP (Centro Unico di Prenotazione), un sistema informatico che dovrebbe avere accesso alle agende e alle disponibilità di tutte le strutture sanitarie regionali, sia pubbliche che private convenzionate. L’operatore, una volta ricevuta la richiesta, dovrebbe individuare la prima struttura disponibile, preferibilmente nelle vicinanze. In teoria, il CUP dovrebbe snellire il flusso delle prenotazioni, ma in pratica non è così. Ogni regione ha un numero limitato di Asl, alcune di queste non forniscono nemmeno tutte le disponibilità al CUP o, peggio, bloccano le agende, un fenomeno noto come “agende chiuse”, che è illegale in italia e purtroppo sono stati scoperti casi di agende bloccate in tutta italia.
La questione della privatizzazione delle prestazioni sanitarie è altrettanto problematica. In teoria, le strutture private convenzionate con il Servizio Sanitario Nazionale dovrebbero alleggerire il carico delle liste d’attesa, offrendo prestazioni con il solo pagamento del ticket. Tuttavia, se la disponibilità nella sanità pubblica è limitata, i pazienti sono spinti verso il privato, che diventa l’unica alternativa valida per non dover aspettare anni.
In alcune regioni, le prestazioni intramoenia e private sono addirittura superiori a quelle pubbliche. Questo fenomeno sta diventando sempre maggiore, con il risultato che i pazienti che non possono permettersi il privato sono costretti ad attendere lunghissimi periodi per le cure.
Infine, non possiamo dimenticare l’impatto del COVID-19, che ha ulteriormente rallentato l’erogazione delle prestazioni sanitarie.
In conclusione, non possiamo ignorare che la Costituzione Italiana, all’articolo 32, sancisce il diritto alla salute come un diritto fondamentale, garantendo cure gratuite per tutti. Purtroppo però questa garanzia rimane spesso solo sulla carta, mentre la realtà è fatta di tempi di attesa lunghissimi, inefficienze e disuguaglianze che penalizzano i cittadini più vulnerabili.