Il problema del terzo mandato può essere osservato sotto punti di vista totalmente differenti: da un lato, quello dei cittadini e dei presidenti di regione, dall’altro quello dell’alleanza dei partiti di centro destra. Tra le varie posizioni si è aperto un contrasto frutto di pareri molto discordanti. Luca Zaia, sindaco della regione Veneto dal 2010, invoca un provvedimento che renda possibile un suo terzo mandato (quarto, ad essere precisi), ovvero altri cinque anni di mandato oltre ai 15 precedenti. Potremmo considerare questo provvedimento come una legge ad personam, cioè fatto per
“scopi o interessi personali”, e al momento interpretato da due prospettive diverse: una parte degli elettori veneti crede che sia corretto, mentre i leader di partito dichiarano che sia sbagliato, perché fare tanti anni consecutivi di governo potrebbe favorire corruzione, accentramento di potere, problemi nelle decisioni regionali e nelle proposte di legge.
Vincenzo de Luca, presidente della regione Campania dal 2015, si trova in una situazione simile a quella di Luca Zaia. Anche lui si propone con fermezza per un terzo mandato, secondo il principio per cui è giusto che a decidere siano i cittadini, i quali hanno il sacrosanto diritto di scegliere i propri governanti, dato che siamo in un paese democratico e la sovranità appartiene al popolo (Art. 1). Inoltre, sia Zaia che De Luca rivendicano che la continuità delle rispettive amministrazioni garantisca maggior stabilità all’interno della regione.
A mio parere, entrambe le parti hanno sia buoni sia cattivi argomenti. Il centrodestra vuole che il terzo mandato non venga approvato. Questo per evitare il radicamento di un gruppo di potere sul territorio ma anche perché, probabilmente, Giorgia Meloni desidera proporre un proprio candidato per ottenere il controllo di regioni storicamente in mano alla Lega. Zaia e De Luca, di contro, fanno appello alla “volontà popolare”, e dato che entrambi sono figure molto stimate, questo gioca a loro favore.
A conti fatti, saranno la Consulta e i leader di partito ad avere l’ultima parola sull’argomento.