Quanto sono lontane le pareti della nostra stanza rispetto alla nostra psiche?
A volte una stanza può diventare un confine, un buco nero dal quale non si riesce più ad uscire, uno spazio in cui rifugiarsi in sé stessi creando una realtà parallela al mondo esterno racchiusa da mura che col tempo diventano sempre più spesse.
“Hikikomori” è un termine giapponese che significa “stare in disparte” e viene spesso utilizzato per descrivere una “patologia” a sfondo psicologico che si manifesta soprattutto su individui maschi con età compresa tra i 14 ed i 30 anni, che scelgono di ritirarsi per lunghi periodi dalla vita sociale spesso ricorrendo a livelli estremi di isolamento e confinamento. Il fenomeno, presente in Giappone già dalla seconda metà del 1980, a partire dal XXI secolo ha iniziato a diffondersi nel resto del mondo in particolare negli Stati Uniti e in Europa. Ad oggi infatti si può definire questa sindrome come un “disagio adattivo sociale” che riguarda i Paesi maggiormente sviluppati economicamente. Come afferma l’Associazione Nazionale Ritiro Sociale e Volontario, “Hikikomori Italia”, sono tra i 100 e i 200 mila i casi di Hikikomori che si contano in Italia.
Le domande sorgono spontanee: “Perché questo fenomeno si sta diffondendo sempre di più e quali sono le cause che spingono i giovani a non voler interagire più con il mondo esterno che li circonda preferendo ad esso un completo isolamento?”
Le cause possono essere molteplici. Come si sa, non è facile capire ciò che passa nella mente di un adolescente ma possiamo riflettere sui tre grandi motori che mettono in movimento la loro vita: la famiglia, la scuola e le relazioni con i propri coetanei.
Una delle cause principali di questo fenomeno è infatti la pressione sociale che nasce dalla tendenza del giovane a voler a tutti costi soddisfare le aspettative della propria famiglia o a immedesimarsi in un mood associato ad uno stile in voga in quel momento. Il giovane molto spesso si sente oppresso e non sereno perché perennemente condizionato dalla società in cui vive e dai propri genitori che, seppur in buona fede, tendono ad indirizzarlo verso un modello di vita che ritengono migliore anche se, a volte, può risultare essere in contrasto con il volere del proprio figlio. Il non voler deludere gli altri è motivo di stress e ansia per il teenager che di conseguenza ad un certo punto ritiene come migliore soluzione ai suoi problemi quella di chiudersi in sé stesso allontanandosi da tutti e tutto.
Certamente la scuola gioca un ruolo fondamentale. È molto difficile non provare ansia vivendo in un sistema che ci mette costantemente alla prova. Il giovane non si sente solamente giudicato dai propri genitori ma in generale dalla società che pone la valutazione ed il giudizio al centro della sua dinamica di crescita. Fortunatamente l’istituzione scolastica si sta evolvendo e anche il sistema di giudizio sta cambiando e va nella direzione opposta al passato esprimendo non più una valutazione diretta ma solo un suggerimento su dove e come migliorare la propria istruzione e performance.
Ma, oltre che una causa, la Scuola a volte diventa anche solo il contesto ove vive la spinta emotiva negativa che nasce da una forma caratteriale già di per sé chiusa ed introversa che, quindi, trova ampio spazio solo all’interno di quei confini virtuali di cui il giovane si circonda al fine di evitare volontariamente lo scambio diretto con il mondo esterno ponendo magari anche il fianco alla ormai incessante piaga del bullismo.
Questo triste fenomeno sociale spesso si manifesta infatti come una forma di derisione nei confronti del più debole ma anche e, soprattutto, nei confronti di colui che si distingue dai canoni “standard” non assumendo i comportamenti tipici dei suoi coetanei. Sovente viene sottovalutato il peso che certe parole possono avere sulla psiche di una persona. A volte sono proprio esse che alimentano quello stato di tensione e ansia che fa sì che il giovane si allontani sempre di più da quell’ambiente di cui, conseguentemente, ritiene di non poter far parte. L’impatto peggiore che può avere il bullismo è spingere una persona ad autoconvincersi della propria inferiorità rispetto agli altri, della propria incapacità di instaurare alcun rapporto e della propria predestinazione a rimanere solo tra le mura della propria camera.
Hikikomori, quindi, è un fenomeno negativo della nostra società che deve essere combattuto attraverso l’impegno di ognuno di noi verso la creazione un ambiente sociale di cui sentirsi parte integrante mantenendo la propria identità personale con serenità e senza complessi d’inferiorità.
Diamo a tutti coloro che soffrono questa solitudine la possibilità di oltrepassare i confini perimetrali della propria stanza spingendoli a cambiare il punto di osservazione in modo da proiettarlo verso la libertà d’animo, magari attraverso il tetto di quella cameretta che, sia pure per pochi attimi, con un po’ di fiducia in sé stessi, può trasformarsi nel famoso “cielo in una stanza”!…