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L’integrazione sociale e in particolar modo scolastica delle comunità islamiche e delle diverse culture è l’aspirazione principale del nostro Stato. La religione islamica è politicamente riconosciuta e protetta, come afferma l’articolo 8 della Costituzione; tuttavia, i suoi principi distinti e incompresi si scontrano quotidianamente con i valori e le tradizioni italiane: è proprio l’incompatibilità tra le dottrine che ha portato, in una realtà italiana, alla promozione di una legge che prevede l’eliminazione del burqa, dell’hijab e del niqab.

Il motore di questa iniziativa è la Lega regionale a Monfalcone, una cittadina italiana in cui presso l’Istituto Pertini di Monfalcone (Gorizia) le studentesse che indossano il niqab, il velo integrale che lascia scoperti solo gli occhi, prima di entrare in classe devono essere identificate da un insegnante, che deve controllare che siano realmente loro.

All’inizio erano cinque ragazze, successivamente una si è ritirata. Vengono definite ragazze “coperte di nero”, sono originarie del Bangladesh e i loro padri sono lavoratori nel cantiere navale di Monfalcone, in cui operano moltissime persone di religione islamica. Per quanto riguarda la scuola, il programma di scienze motorie è stato adattato alle loro esigenze che chiedono di non mostrare il corpo; mentre in classe, affermano i compagni, le ragazze stanno in disparte e non comunicano con gli altri. La preside ha voluto accogliere le studentesse, nonostante il loro rifiuto di togliersi il velo, poiché una tale imposizione avrebbe costretto loro a lasciare la scuola e la città, quando lo scopo dell’istruzione è il completamento dei cinque anni di studi previsti per gli studenti. Questo determinato comportamento avrebbe permesso la creazione di un’atmosfera di tranquillità e fiducia, ma soprattutto di sicurezza e casa per le giovani, tale da farle sentire più libere. 

 In politica, invece, Matteo Salvini, segretario del partito del ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, l’ex sindaca leghista di Monfalcone, il gruppo regionale della Lega e il capogruppo del Pd in Friuli Venezia Giulia ritengono inammissibili i cambiamenti del regolamento scolastico e considerano il volto coperto un impedimento al processo di inclusione sociale e una limitazione al ruolo della donna e a quello dei docenti.

Dalla mia prospettiva la legge che porterebbe all’eliminazione del velo è inaccettabile e discriminatoria. È necessario ricordare che la maggioranza delle obiezioni e accuse alle comunità islamiche derivano da pregiudizi e discriminazioni che persistono nella società da anni e che nascono dalla repulsione della diversità, dall’incomprensione dei valori e dalla mancanza di conoscenza e rispetto delle culture altrui.

Da ciò emergono tutti i principi che di norma vengono insegnati nelle scuole, il luogo esemplare dell’incontro e della coesione di nuove culture, ultimamente diventato simbolo di diffidenza ed emarginazione degli studenti, ma soprattutto degli studenti islamici, i cui valori sono calpestati e non sono riconosciuti come dovrebbero essere. 

Infatti, le donne e le ragazze scelgono volontariamente di coprirsi (non sono obbligate, com’è solito pensare) e non per celare la propria identità o minacciare e ingannare la società, ma per rispetto della propria fede e dei propri principi. Il velo rappresenta il loro essere e questa accettazione smonterebbe il pregiudizio che alimenta la diffidenza delle persone nei loro confronti. Queste donne devono essere trattate con rispetto e dignità in primis per il coraggio che hanno nel mostrarsi in quel modo agli occhi provocatori e giudicanti della gente.

Dopotutto il niqab, il burqa e l’hijab non sono mai visti come diritti e libertà, ma come imposizioni esterne da reprimere mediante una legge ridicola, che obbligherebbe loro a contravvenire a una promessa fatta a dio infrangibile.

Inoltre i provvedimenti politici e scolastici devono essere la conseguenza di prove oggettive e non di reazioni puramente emotive e affrettate.

In conclusione, ritengo che sia fondamentale evitare di giudicare senza prima comprendere. La legge proposta non solo ignora i valori profondi di chi sceglie di coprirsi, ma anche il contesto culturale e religioso che ne è alla base. L’integrazione scolastica in questo modo diventa un campo di battaglia ideologico, che può trasformarsi in un luogo d’incontro solo nel momento in cui supportiamo e trattiamo con dignità queste ragazze, il loro diritto alla scelta e il loro percorso di emancipazione.

Solo con la comprensione e il rispetto reciproco possiamo vivere in una società inclusiva.

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