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Di fronte al nostro futuro siamo spesso atterriti, talvolta rassegnati per la difficoltà di scegliere in un mondo troppo complesso per noi, e soprattutto per quanti sono cresciuti nella sua “periferia umanista” che raramente trova spazio nel panorama scientifico-economico attuale.

Questo è spesso lo stereotipo del mondo del lavoro che gli studenti possiedono e Linkedin ce ne ha dato conferma: il mondo ha bisogno di persone che sappiano dirigere i suoi problemi informatici ed economici per non rimanere indietro rispetto al gigantesco progresso scientifico che sta avanzando, e pare dimenticare di quelle facoltà che ancora si tramandano a scuola. E se i giovani già annaspavano dietro a queste richieste, l’AI ha ridotto i tempi di molti anni.

Per sapere cosa i giovani di oggi dovrebbero aspettarsi va probabilmente fatta una distinzione tra i giovani che sono il frutto diretto di questo mondo e coloro che invece ne sono il frutto indiretto. Entrambi nascono e crescono in una ambiente culturale fortemente scientifico: i primi, però, sono coloro che si adagiano in questa culla e si improntano affinché i loro interessi coincidano con le richieste del mondo, senza coscienza di ciò, ma ad ogni modo rispondendo direttamente allo stampo che il mondo porge loro sin dalla nascita; i secondi, invece, sono coloro che non costruiscono i loro interessi a partire da quanto il progresso scientifico offre loro, ricerca e progresso scientifico, ma vengono persuasi dal resto della nostra cultura, che certamente non giace inerme sotto la sua controparte scientifica ma si diffonde con veemenza tutt’oggi.

Va chiarito che entrambe le categorie non dipendono dalle loro cause ma dal risultato di queste: non è possibile analizzare e comprendere tutti i motivi che portano ad appartenere ad una categoria piuttosto che all’altra, ma è opportuno ragionare in base a come sono i ragazzi oggi.

I primi si trovano in una situazione evidentemente più semplice. Di certo c’è chi è più talentuoso rispetto agli altri, ma tutti si ritrovano su un percorso lineare verso il proprio futuro, nonostante la competitività. I secondi, al contrario, sono di fronte ad un percorso molto più arduo perché non trovano un percorso lineare. Possono ambire ad un lavoro già esistente e richiesto ma solitamente non appagante dal punto di vista retributivo, perché non sarà conforme alle necessità del mondo. Quest’ultimo vive grazie alle sue componenti, è un essere vivente con le proprie necessità. Ma molti, seppur cresciuti in questo mondo, non riescono a ripagare il loro debito naturale, perché questo va in conflitto con le loro necessità naturali, i loro spontanei interessi.

Non tutti, certo, si trovano di fronte a questa situazione drammatica: il lavoro si può anche costruire. Ci sono stati e ci sono tutt’ora esempi di carriere nate dalla volontà di questi emarginati: divulgatori filosofici, psicologici, letterari, legali, esperti della comunicazione telematica e altri. Persone che si sono liberate del loro limite lavorativo che sono riuscite a costruire un lavoro addosso a sé. Questa è un’impresa molto più ardua di un percorso lineare: è innaturale perché si svincola dai paradigmi, o stereotipi, che vediamo nel mondo, è lunga e incerta. Ma è fattibile.

Forse, però, esiste una terza categoria di giovani che a mio parere si trova nella situazione più vertiginosa: se inizialmente pensiamo ad uno studente con preponderanti doti scientifiche, che inevitabilmente lo indirizzano verso la prima categoria, si imbatte in un evento determinane, che sposta naturalmente i suoi interessi verso quelli umanistici della seconda categoria, poi come potremmo immaginare le sue future scelte? Ci ritroveremmo di fronte ad una sorta di chimera, una creatura ambivalente che troverebbe difficilmente spazio nel ragionamento fatto poco fa. Ecco, è in questo caso che sia esso che noi non capiremmo cosa fare. E questo dilemma non escluderebbe di certo la sua controparte, uno studente con occhi scientifici e corpo umanista.

Come comportarsi? Secondo la mia opinione, questa conflittualità è irrisolvibile perché nasce dalla netta scissione di questo mondo. Chiaramente se non esistesse, non avrebbe luogo nemmeno questo paradosso. Ma non si può pretendere che questa scissione non esista e che il mondo si conformi ad un’utopia.

È una situazione ambigua, e forse la si può considerare anche come una fortuna. Ambivalenza può sottintendere confusione e conflitto, ma anche coesione tra due mondi indubitabilmente diversi. È interessante ricordare il momento in cui Heidegger, criticando i Tempi moderni, li chiamo l’oblio dell’essere per la loro astrazione scientifica, e Kundera, in tutta risposta, ribadì che i romanzi e la letteratura, come tutta l’umanistica, non trattavano d’altro se non dell’analisi del dimenticato essere umano.

 

Sicuramente al giorno d’oggi esistono percorsi lineari e percorsi innaturali che si prospettano ai giovani. Entrambi complessi, ma entrambi possibili. Perciò ci saranno persone che sceglieranno uno piuttosto che un altro, e magari anche persone che li sceglieranno entrambi. Il futuro dei giovani è molto complesso, ma penso che alla fine sia divertente il fatto che sia vario.

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