Un ruolo professionale “tech” è tecnicamente qualsiasi professione che si occupi di

programmi informatici, hardware, software, reti e manutenzione di sistemi: si tratta di un ruolo

assolutamente cruciale generato dalla trasformazione digitale e dall’evoluzione tecnologica

che coinvolge tutti i processi produttivi e qualsiasi settore.

Da una recente ricerca emerge che in Italia il 60% delle imprese ha difficoltà nel reperire

talenti in tali settori: i numeri raccolti nel 2023 evidenziano un grave disallineamento tra

domanda e offerta di competenze sul mercato italiano del lavoro, tanto che l’Information

Technology evidenzia difficoltà segnalate da quasi tre aziende su quattro nel reclutare

specialisti per mancanza di candidature, per mancanza di qualifiche e per mancanza

di esperienze pertinenti. Fra gli introvabili, si legge nell’indagine, spuntano gli

specialisti in campo scientifico e i tecnici in campo ingegneristico: sono i famosi profili Stem

(science, technology, engineering, maths) che mancano dalle nostre scuole superiori e dalle

università.

In periodi di disoccupazione come è possibile che il digital mismatch, ossia la grande differenza tra

domanda e offerta di lavoro, si noti sempre di più?

Questa tendenza è dovuta a diversi fattori.

Una delle principali motivazioni per cui le aziende non trovano profili tech disponibili è dovuta al più progressivo aumento della digitalizzazione e delle tecnologie complesse emergenti. Questo ha fatto sì che, negli ultimi 5 anni, ci sia stata una crescita incredibile delle richieste di

profili adeguati che il mercato del lavoro non può più soddisfare. Le tecnologie sono diventate

rapidamente parte integrante del funzionamento delle imprese e il mercato dei servizi IT, che oggi vale oltre 1 miliardo di dollari a livello globale, continua a crescere di anno in anno di oltre il 6%. La formazione di nuovi professionisti nel settore non può competere con una richiesta che continua a crescere in maniera esponenziale. Tutto si sta evolvendo a dismisura, perché a cambiare sono il mercato e l’economia stessa che stanno divenendo prevalentemente digitali. E ovviamente, più si evolve in fretta la tecnologica, più è difficile trovare profili adeguati che soddisfino i requisiti cercati dalle aziende.

Altro fattore da non sottovalutare è il disallineamento tra la formazione offerta ai giovani e

le competenze richieste dal mercato del lavoro: è stato rilevato che è strategico il

possesso di eskill combinate tra loro (cioè la padronanza di almeno 2 competenze digitali)

e la difficoltà di trovare persone in possesso di tali competenze per lo svolgimento di

una professione è elevata. Anche nel sistema formativo, come nel modo del lavoro, la

rapidità del progresso tecnologico comporta una grande difficoltà di adeguamento e aggiornamento del sistema scolastico.

Sicuramente la scarsa disponibilità di profili tech qualificati mette in seria difficoltà le aziende e per ridurre il digital mismatch devono essere messe in campo diverse azioni contemporaneamente, come ad esempio investire in tecnologie avanzate, fornire risorse per la formazione e lo sviluppo di queste competenze e ridurre il divario di genere, quindi incentivare l’ingresso delle donne in questo settore.

 

Credo però che alla base sia molto importante investire e incentivare lo studio delle discipline STEM già nei percorsi scolastici dei giovani: lo studio di queste materie è fondamentale per il progresso della società, per lo sviluppo economico e per stare al passo con un mondo che si basa sempre di più sull’innovazione e sul progresso tecnologico. Queste materie sono la base per preparare gli studenti al mercato del lavoro in rapida evoluzione e per consentire ai nuovi cittadini della società di domani, che sarà sempre più guidata dall’innovazione e dal progresso tecnologico, di trovare un posto nel mondo.

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