Le recenti polemiche sul Ramadan e sulla decisione di una scuola in Lombardia di sospendere le lezioni durante il giorno dell’“Id al fitr”, in cui si celebra la fine dello stesso Ramadan, hanno portato alla luce numerose discussioni sulla laicità dello Stato. 

In Italia è predominante la religione cattolica, pur venendo tutelate le minoranze: l’articolo 8 della nostra Costituzione afferma: “Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. / Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. / I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze.” La situazione nel nostro Paese non è sempre stata così: nel 1929 vennero firmati i Patti Lateranensi che regolavano i rapporti tra lo Stato e la Chiesa e dichiaravano il Cattolicesimo come religione di Stato. Allo stesso tempo venivano proibite le professioni pubbliche di qualsiasi altra fede. I Patti furono recepiti nella Costituzione Italiana e rimasero così in vigore, ma per la loro modifica si dovette attendere il 1984, quando l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi e il cardinale Agostino Casaroli ne modificarono i contenuti. Da allora lo Stato italiano è laico, ma riconosce alla Chiesa Cattolica, su alcune materie come il matrimonio concordatario e l’insegnamento della religione, un interesse alla regolamentazione comune, cioè concordata. 

Altri Stati, come la Francia, si definiscono “laici”, in un senso diverso: non entrano in relazione con le organizzazioni religiose, negando loro qualsiasi diritto a discutere o trattare. Questo atteggiamento può essere fonte di piccoli e grandi incidenti: basta ripensare alle ricorrenti polemiche sull’uso del velo islamico nelle scuole. Ignorare le esigenze dell’Islam non aiuta certo a capire l’origine di attentati come quello dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti, quello dell’ISIS a Madrid nel 2004 e a Parigi nel 2015. 

In realtà, le spaccature religiose non si sono mai effettivamente ricomposte: diventa opportuno domandarsi quanta conoscenza delle religioni delle minoranze sia diffusa e quanta tolleranza sia esercitabile. Da questo punto di vista , pensare a dei programmi scolastici che includano la storia e la filosofia religiose diverse da quella cattolica potrebbe essere d’aiuto. Resta però la domanda su un caso concreto: che cosa deve fare una scuola in cui una grande fetta degli alunni è di religione islamica e probabilmente si assenterà il giorno dell’”Id al fitr”? Viene difficile pensare che si tenga lezione regolarmente; risponde perciò a un criterio di elementare buonsenso chiudere l’istituto se ci sono dei giorni di chiusura disponibili. Non è detto che questa soluzione si adatti in altre scuole, in altri contesti in cui non ci sia un numero così elevato di alunni musulmani. Questa vicenda ci suggerisce come l’integrazione dei cittadini islamici in un paese a prevalente maggioranza cattolica sia lungo e che richieda scelte fatte, caso per caso, un passo alla volta.

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