Poiché in Italia il 4,9% della popolazione è di religione musulmana, circa 2,7 milioni di abitanti ogni anno festeggiano il Ramadan, periodo di digiuno alla fine del quale i credenti celebrano una delle giornate più importanti per la loro fede. In confronto all’80,8% di cristiani in Italia la precedente percentuale può sembrare quasi insignificante, ma in Lombardia, regione in cui è stata chiusa una scuola per permettere ai ragazzi di festeggiare con la famiglia, circa una persona su quattro è musulmana e questa percentuale non è più così banale. 

Quando è uscita la notizia di questa chiusura io mi sono chiesta: “Perché i cristiani possono stare a casa per le celebrazioni religiose mentre una parte consistente della popolazione non può e i ragazzi vengono considerati assenti a scuola?”. Un giorno di scuola saltato sicuramente non cambierebbe l’andamento degli studenti, dal momento che persino per festività come Carnevale, ci vengono dati quei quattro giorni, a parer mio inutili. 

L’Italia si definisce uno Stato laico ma a causa della sua vicinanza con il Vaticano e dell’importanza che la Chiesa ha avuto nella storia del nostro Paese non penso potremmo mai raggiungere una vera e propria laicità: possiamo ben percepire questo problema entrando in molti istituti pubblici nei quali si trovano ancora crocifissi, simboli che possono non provocare turbamento ma che sicuramente non danno l’idea di uno Stato considerato laico dal 1984, a seguito della revisione dei Patti lateranensi. Parlo di questo perché probabilmente se non fosse per la cultura fortemente legata alla religione cristiana molti dei pregiudizi nei confronti degli altri credi non esisterebbero, come non esisterebbero polemiche per la chiusura delle scuole. 

Ma ciò che è accaduto a Pioltello è fondamentale per aumentare l’integrazione verso un Paese sempre più tollerante nei confronti delle diversità, anche perché queste ultime sono sempre relative al territorio in cui ci si trova. La scuola è il primo luogo dove possono essere abbattuti pregiudizi e barriere, attraverso lo studio e la conoscenza. Dobbiamo, almeno in questi contesti esterni alla famiglia, cercare di migliorare sempre di più l’aspetto dell’inclusione in un mondo che ogni giorno diventa maggiormente globalizzato e nel quale sarà amplificato il fenomeno del “melting pot”, la mescolanza di numerose culture diverse rispetto a quelle tradizionali dello Stato in cui si vive. 

Se la totale chiusura a molti può sembrare estrema, la soluzione potrebbe essere quella di non contare assenti gli alunni se si giustificano per ragioni religiose, riconoscendo ovviamente anche i calendari di altre fedi. Non è corretto infatti penalizzare una minoranza quando le vacanze in Italia coincidono sempre con i giorni festivi, sia per molti lavoratori che per tutti gli studenti. 

 

Chiudere le scuole l’ultimo giorno di Ramadan è stata una scelta coraggiosa ma che in futuro dovrebbe essere considerata normalità. Se fosse difficile su questo raggiungere l’unanimità si dovrebbero trovare delle soluzioni alternative proprio per poter permettere effettivamente la pratica  della libertà di culto, garantita nel nostro Paese. 

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