Per chi non sapesse cosa fosse, il Ramadan è una pratica religiosa islamica che avviene ogni nono mese dell’anno, durante il quale i credenti sono costretti a digiunare e a incrementare la preghiera dall’alba fino al tramonto, così che, secondo il Corano, ci si possa purificare. Sebbene, però, questa ricorrenza sia esclusivamente limitata alla religione islamica, essa non è diffusa solo in alcuni specifici territori, ma, grazie al fenomeno del “melting-pot”, dovunque nel mondo vi siano persone che professano l’Islam, e che, dunque, seguono il Ramadan. In Italia, per esempio, secondo il CESNUR, il numero di musulmani presenti nel territorio nel 2021 era di circa due milioni e settecentomila individui, dei quali un’ingente fetta non ha ancora raggiunto l’età adulta. Soffermandoci proprio su questa porzione di popolazione, spesso, durante il periodo del Ramadan, si sente parlare di sospensione delle attività, affinché gli studenti che seguono questo digiuno possano praticarlo senza alcun problema; per esempio, è notizia di pochi giorni fa che una scuola di Pioltello, piccolo paesino vicino a Milano, abbia deciso di sospendere le lezioni durante l’ultimo giorno di Ramadan, così da permettere agli studenti islamici di concludere il loro digiuno nel modo migliore possibile. Una tale, notizia, però, in un primo momento, ha suscitato all’interno dei genitori degli alunni non islamici di quella scuola enorme scalpore, in quanto non ritenevano giusto che i propri figli dovessero stare a casa senza alcun apparente motivo. Con il passare del tempo, però, sulla questione si sono espressi anche figure politiche, come il ministro Valditara, che, appoggiando la rabbia dei genitori, ha condannato un tale gesto poiché non consono a quella che è la laicità dello stato italiano. Ma allora perché, se sospendere le lezioni per una festa non riconosciuta dallo Stato è reato, altre festività come l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata, o la Pasqua, che, ricordiamo essere cattoliche, sono lecite all’interno del nostro Paese?
Premetto, innanzitutto, che con questa affermazione non sto dicendo che qualunque festa cristiana presente ad oggi nel nostro calendario debba essere abolita, anzi, è giusto che siano presenti anche per rispetto di coloro che professano questa religione; allo stesso modo, però, credo che la tolleranza nei confronti delle minoranze religiose di culture che non sono strettamente legate alla storia del nostro Paese, come l’Islam in questo caso, debba essere equivalente a quella che lo Stato ha nei confronti del Cristianesimo.
Ciò nonostante, però, è bene specificare che sarebbe a dir poco impossibile conciliare tutte le festività di tutte le religioni presenti sul territorio italiano, in quanto, nel caso della scuola, implicherebbero una costante sospensione delle attività. Per far fronte a questo problema, sarebbe di giovamento a chiunque cercare di integrare alcune fra le più importanti date di ogni cultura all’interno del nostro anno solare, senza, però, istituire periodi troppo lunghi di sospensione dalle attività; per esempio, nel caso dell’Islam, come è avvenuto nella scuola di Pioltello, si potrebbe introdurre uno o massimo due giorni di festa per permettere agli studenti musulmani di portare a termine il Ramadan, magari rendendo facoltativo l’acceso a coloro che non seguono questa religione alle lezioni.
In conclusione, affrontare la questione del Ramadan, o, più in generale, di altre ricorrenze di religioni esterne al nostro Paese, a scuola richiede un enorme impegno, con il quale si può promuovere l’inclusione, il rispetto e la comprensione tra tutti i membri della comunità scolastica. Creare, dunque, un ambiente che sostenga gli studenti musulmani durante questo periodo sacro non è reato, anzi, permette al credente di completare la sua pratica religiosa senza alcun impedimento o ostacolo, proveniente, magari, dall’ambiente scolastico stesso.