ius scholae

L’acquisto della cittadinanza

Ius scholae o ius italiae, quale disegno di legge è migliore?

 

Che cos’è lo “Ius scholae” e quali sono i provvedimenti di questa proposta di legge? Innanzitutto, è opportuno conoscere come si acquista la cittadinanza italiana al giorno d’oggi. In Italia, questa assegnazione avviene secondo lo “Ius sanguinis”, ovvero se almeno uno dei due genitori possiede la cittadinanza italiana.

Vi sono anche altri modi, ossia, nascere sul territorio italiano da genitori ignoti, apolidi o provenienti da uno stato in cui la cittadinanza non si tramanda ai figli; essere adottati da cittadini italiani, per riconoscimento del figlio, successivamente alla nascita, da parte di un cittadino italiano; o in caso i genitori acquistino o riacquistino la cittadinanza italiana.

Invece, per quanto riguarda gli stranieri, questa potrà essere richiesta, se nati in Italia, al raggiungimento della maggiore età, altrimenti bisognerà sposarsi con un cittadino italiano o che venga riconosciuta la residenza.

È dunque chiaro che per uno straniero l’acquisizione della cittadinanza italiana è molto complicata, per non parlare poi dei lunghi tempi di attesa dopo la richiesta, che vanno dai due ai tre anni.

A questo proposito, viene in aiuto la proposta di legge dello “Ius scholae”. La proposta, proveniente dal centro-sinistra, riguarda la riforma sul cambiamento dell’acquisizione della cittadinanza italiana da parte degli stranieri. Prevede, infatti, che questa venga riconosciuta a coloro che arrivano in Italia prima del dodicesimo anno di vita e che risiedono legalmente e ininterrottamente nel nostro paese, frequentando regolarmente cinque anni un percorso di studi di uno o più cicli (nel caso della scuola primaria vi deve essere anche un superamento con esito positivo).

Inoltre, il disegno di legge tratta anche la richiesta della cittadinanza su base volontaria ed eseguita da parte dei genitori prima dei diciotto anni del figlio, che verrà avvisato dallo stato di poter acquistare la cittadinanza italiana sei mesi prima della maggiore età.

A questo progetto non si fa attendere la risposta del centro-destra, che propone, invece, lo “Ius Italiae”. Esso, a differenza del precedente, considera, per l’acquisto della cittadinanza italiana, che lo straniero debba essere arrivato in Italia prima del compimento dei cinque anni, che risieda ininterrottamente per dieci anni nel nostro paese e che superi con successo le classi della scuola dell’obbligo (fino alla seconda superiore).

In aggiunta, rivisita un aspetto dello “Ius sanguinis”, ossia il fatto che al giorno d’oggi basta avere un discendente proveniente dall’Italia per ricevere la cittadinanza italiana. Ecco, a questo proposito la nuova proposta applica una restrizione: il principio è valido fino al bisnonno. Si rende così più complicato per gli stranieri non residenti in Italia il diventare cittadini italiani. 

Infine, vengono trattati i tempi di attesa per il riconoscimento della cittadinanza dopo la richiesta, visto che attualmente sono veramente molto lunghi. Infatti, dagli attuali 24 mesi, prolungabili a 36, si passerebbe a 12 mesi, con un prolungamento massimo di altri 6 mesi: vorrebbe dire il dimezzamento del periodo di attesa!

In seguito ad una riflessione ed analisi di queste due proposte di legge, mi sono trovato maggiormente incline a preferire quella del centro-destra, lo “Ius italiae”. Il motivo della mia scelta è principalmente il fatto che lo “Ius scholae” è troppo concessivo, poiché cinque anni di scuola in Italia sono troppo pochi per determinare che un bambino, che può avere persino dieci anni, meriti la nostra cittadinanza. È vero che è importante l’aspetto dell’inclusione degli stranieri nel nostro territorio, ma è anche giusto che non sia così facile riceverla. Ad esempio, una famiglia straniera potrebbe venire in Italia con un figlio di sei anni per fargli fare la scuola elementare qui, così da poter possedere la nostra cittadinanza per poi tornare dove si abitava inizialmente. Diventerebbe facile approfittarne. 

Inoltre, nello “Ius italiae” viene trattato l’aspetto dello “Ius sanguinis” che permette ad alcuni stranieri, che non hanno mai visto l’Italia e tantomeno parlano italiano, di diventare nostri cittadini e, soprattutto, di possedere il nostro passaporto, uno dei più “potenti” al mondo. Questa è una restrizione conveniente e, in aggiunta, corretta nei confronti di coloro che quantomeno vivono qui da qualche anno in attesa della concessione della cittadinanza.

Tuttavia, secondo me, sarebbe da rivisitare la residenza ininterrotta di dieci anni nel nostro territorio, poiché sono d’accordo sulla durata della permanenza, però nel caso in cui vi sia un’emergenza e lo straniero per un periodo debba trasferirsi momentaneamente in un altro stato, al ritorno si troverebbe a punto e a capo per l’acquisizione della cittadinanza italiana. Piuttosto, una soluzione potrebbe essere limitare il lasso di tempo che viene trascorso al di fuori dell’Italia, ad esempio mettere un massimo di quattro o cinque anni, anche perché, è vero che si rimarrebbe a lungo all’estero, però non si andrebbe lo stesso a perdere tutto quello che si è imparato qui negli anni precedenti.

 

In conclusione, a parer mio, sarebbe da accettare, almeno momentaneamente, la proposta di legge dello “Ius italiae”, perché, per quanto possa essere restrittiva, sarebbe almeno un rinnovamento a quella attualmente in vigore che è troppo antiquata rispetto all’integrazione che c’è al giorno d’oggi. Questa sarebbe una soluzione che, per un tempo indeterminato, fino a nuovi disegni, rappresenterebbe un modo in più per molti stranieri di integrarsi e poter almeno votare per il paese in cui vivono da bambini, non appena raggiunti i diciotto anni, proprio come noi cittadini italiani. 

 

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