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Lo Ius Scholae è una proposta di legge avanzata nel 2022 che consentirebbe ai minori stranieri nati in Italia o arrivati prima dei dodici anni di età e che abbiano completato un ciclo scolastico di almeno cinque anni di ottenere la cittadinanza italiana. Si tratta del “diritto della scuola” o “della cultura”, dove la cittadinanza non scatta automaticamente alla nascita, ma solo dopo il completamento di un ciclo di studi per un determinato tempo.

Lo Ius Scholae, qualora dovesse venir approvato, sostituirebbe una legge in vigore dal 1992, il cosiddetto ius sanguinis che prevede la concessione della cittadinanza a coloro che hanno almeno un genitore italiano. Mentre, ora, chi ha genitori stranieri può far richiesta per ottenere la cittadinanza solo al compimento dei diciotto anni.

A favore dello ius scholae troviamo le testimonianze di molti ragazzi tra cui quella di Emanuele Bernabei, rappresentante della Consulta dei ragazzi e delle ragazze. Emanuele è un ragazzo italiano di diciotto anni che vive a Roma. Sul giornale “Vita” possiamo leggere il suo parere a riguardo; egli ritiene che lo Ius Scholae sia una proposta molto sensata, utile e intelligente perché un ragazzo che completa un percorso di studi sufficientemente lungo diventa a tutti gli effetti cittadino italiano. Inoltre specifica che i suoi compagni stranieri non si sentono a disagio, ma risentono sempre un po’ la differenza tra chi è cittadino italiano e chi non lo è. Citando l’esempio dei viaggi di istruzione, i suoi compagni non italiani, quando si deve partire per una gita all’estero, hanno bisogno del visto.

A supportare ulteriormente la proposta è il vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani, il quale critica l’applicazione dello ius sanguinis che porta molte persone a richiedere la cittadinanza solo per l’interesse di avere un passaporto. Infatti, secondo i dati Istat, sono state concesse finora più di quarantamila cittadinanze a persone provenienti dall’America centro-meridionale in quanto discendenti di immigrati italiani.

Le dichiarazioni di Tajani hanno certamente spaccato a metà la destra italiana attualmente al governo. Non è mancata la risposta dell’altro vicepremier Matteo Salvini il quale sottolinea che qualsiasi modifica delle regole che disciplinano il riconoscimento della cittadinanza non sia nell’agenda di governo. Invece nessuna parola da parte della premier Giorgia Meloni.

Se da un lato in molti si trovano d’accordo nel modificare la legge del 1992 introducendo lo Ius Scholae, alcuni esperti sono contrari all’approvazione. Alberto Polito, psicoterapeuta e giudice onorario presso il tribunale per i minorenni di Reggio Calabria, afferma come, nonostante sia un passo importante verso il riconoscimento dei diritti degli oltre 914.000 minori stranieri che frequentano la scuola in Italia, non sia, però, lo strumento migliore che si possa mettere in campo. Secondo lui, comporta un rallentamento nel riconoscimento del diritto di cittadinanza di minori che sono spesso non solo nati in Italia ma che vivono in famiglie che risiedono in Italia da molti anni e sono parte attiva del sistema sociale nazionale. Anche il sociologo e docente all’Università Statale di Milano, Maurizio Ambrosini, è dello stesso parere. Egli pensa, benchè sia un ottimo compromesso, sia necessario un intervento più mirato legato all’età. Entrambi, infatti, preferirebbero uno Ius Soli Temperato che legherebbe il diritto alla cittadinanza alla lunga residenza dei genitori.

Dopo aver analizzato il parere degli esperti, sembra che sia evidente apportare modifiche per facilitare l’ottenimento della cittadinanza da parte di persone straniere che si sono integrate perfettamente nella nostra società e parlano fluentemente la nostra lingua. Così queste non solo potrebbero essere tutelate maggiormente dal punto di vista giuridico ed economico, godendo ad esempio della possibilità di accedere ad agevolazioni fiscali, ma potrebbero giovare al nostro Stato versando regolarmente i contributi: è ormai famosa la piaga del lavoro in nero dove molti braccianti perdono la vita non essendo tutelati dalla legislazione. Concedendo più facilmente la cittadinanza, si potrebbe risolvere questo problema.

Sembra chiaro che lo Ius Sanguinis sia una legge arretrata inefficiente per i tempi odierni. Mi trovo pienamente d’accordo nell’affermare che chi vive, cresce e studia nel nostro Paese debba essere riconosciuto anche sul piano giuridico. Se una persona ha frequentato la scuola italiana per un periodo significativo, ha imparato la lingua, conosciuto la nostra cultura e sviluppato legami sociali, dovrebbe avere il diritto di acquisire la cittadinanza.

In conclusione, sono presenti pareri contrastanti per l’approvazione dello Ius Scholae che dovranno essere valutati attentamente. Visto che in molti sono concordi a prendere provvedimenti, si spera di riuscire ad aggiornare questa legge del 1992 in modo tale da rendere più efficiente questo sistema e facilitare il ricevimento della cittadinanza italiana alle persone straniere.

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