Ottenere la cittadinanza è il desiderio più grande degli stranieri giunti in Italia. Nel nostro Paese la procedura per l’ottenimento della cittadinanza sia per i maggiorenni che i minorenni è lunga, poiché occorrono dieci anni continui di residenza nel territorio. Io, sebbene non sia nata in Italia, posseggo il passaporto italiano dato che mio padre immigrato ha completato la procedura e io, in quanto sua figlia automaticamente ho visto riconosciuta la cittadinanza anche a me.
Questo è stato fino ad oggi l’unico modo che permette di diventare cittadini italiani. In realtà già dal 2022 e più recentemente a settembre del 2024 è stata discussa in Parlamento la proposta di legge dello “Ius scholae”, che consiste nell’acquisizione della cittadinanza per i minorenni nati in Italia, o arrivati prima dei 12 anni, in seguito a cinque anni di istruzione; se il ciclo di studio è quello primario, è richiesto anche un esito positivo.
Per tutti i bambini e ragazzi “italiani”, in quanto nati da genitori italiani, risulta difficile comprendere tutte le possibilità e opportunità che la cittadinanza offrirebbe ai giovani stranieri sia in campo lavorativo che dal punto di vista scolastico. In questo i ragazzi italiani non comprendono la vera importanza della cittadinanza perché la acquisiscono automaticamente mentre la cittadinanza offrirebbe ai giovani stranieri un futuro differente anche rispetto ad un presente in cui spesso sono bersagli di stereotipi e discriminazioni, nonostante siano nati e cresciuti in Italia.
Lo “Ius Scholae” permetterebbe quindi un’uguaglianza tra tutti i bambini e ragazzi nati in Italia, uno degli obiettivi dell’ Agenda 2030 (obiettivo 16: pace, giustizia e istituzioni solide).
Se ci si pensa bene, non è ingiusto che io a sei abbia abbia avuto la cittadinanza nonostante non sia nata in Italia, anche se ci sono cresciuta, a differenza di un altro bambino considerato straniero anche se nato e cresciuto in territorio italiano e che deve aspettare perciò i diciotto anni perché gli venga riconosciuta la cittadinanza italiana?
Con lo “Ius scholae” la partecipazione ad attività extra scolastiche, viaggi d’istruzione e pratiche sportive non rappresenterebbe una complicazione e tutti gli studenti stranieri, che diventerebbero italiani, potrebbero usufruire delle molte possibilità che il nostro Paese offre per la prosecuzione degli studi e per la sanità (nella maggior parte dei casi precaria nei Paesi da cui provengono).
Questa proposta di legge non è solo un’iniziativa politica, ma in primo luogo un atto di civiltà, perché favorirebbe l’integrazione all’interno della società di tutti. Il luogo di nascita non è solo un dato anagrafico per i documenti, ma è fondamentale per creare un senso di appartenenza vera e propria alla vita della società; la privazione di una cittadinanza più rapida in questi anni ha causato squilibri negativi nel vissuto e della partecipazione alla comunità civile da parte dei giovani immigrati. Inoltre garantirebbe un incontro positivo, che non è basato su pregiudizi, delle culture e una stabilizzazione legale della famiglia.
Nonostante si tratti di una riforma molto vantaggiosa il dibattito politico è stato acceso: se la Sinistra, che l’ha proposta, è molto favorevole, il Centro destra la osteggia poiché viene considerata una concessione “esagerata”, che potrebbe essere soggetta ad un sopruso e a fini diversi rispetto alle intenzioni di integrazione e uguaglianza per cui nascerebbe. Eppure è da molti anni che la popolazione italiana è in calo e pare che sia stato grazie agli stranieri che gli indicatori demografici si siano stabilizzati, quindi perché non riconoscere a loro (ai residenti stranieri) la cittadinanza?
In conclusione non credo che bisogni chiamare “concessione della cittadinanza” quella dei minorenni nati in Italia, perché loro sono italiani a tutti gli effetti, ma non per legge, e il passaporto è un diritto che li riguarda e che deve essere rispettato.
Io sono perciò molto d’accordo con questa nuova proposta di legge poiché ritengo che la procedura per l’ottenimento della cittadinanza attualmente in vigore sia vetusta e che debba perciò essere riformata, visto anche che l’Italia è considerata uno dei Paesi più restii a riconoscere la cittadinanza agli stranieri.