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Abbiamo raggiunto la parità di genere nel mondo del lavoro? No e non ci riusciremo per i prossimi 151 anni.

La differenza sul lavoro tra uomo e donna si manifesta innanzitutto sul piano economico. Il gender pay gap è la differenza tra il salario orario lordo percepito dalle donne e quello dei loro colleghi uomini. Nonostante sia presente in tutti i settori lavorativi, questo fenomeno tende ad aggravarsi all’aumentare delle responsabilità, del ruolo e della formazione necessaria per ricoprirlo: mentre per i diplomati la differenza di retribuzione è del 17%, tra i laureati arriva al 29%; per i professionisti non qualificati, il divario tra gli stipendi è del 12,1% contro il 35% dei dirigenti. 

Le cause di questo fenomeno sono numerose, a partire dalla necessità delle donne di dedicarsi per più tempo alla famiglia rispetto ai loro partner, condizione che riduce il tempo disponibile per il lavoro e fa aumentare di conseguenza il ricorso a contratti part-time, che, di fatto, limitano la possibilità di fare carriera. Se sommiamo la produzione domestica a quella sul mercato, infatti, le donne lavorano, in media, più degli uomini: nel 2013, l’Istat ha pubblicato l’indice di asimmetria, report che tratta il tema del lavoro domestico, evidenziando come questo sia svolto per il 70% da donne, anche in famiglie con figli e in cui lavorano entrambi i coniugi.

Di conseguenza, troviamo una maggiore presenza di donne in posizioni più basse da un punto di vista gerarchico: le impiegate sono il 58%, mentre solo il 19% delle posizioni manageriali è occupato da lavoratrici (dati INPS 2020).

Un’altra causa del gender pay gap è legata ai pregiudizi culturali della nostra società, che portano al dream gap: questo fenomeno consiste nell’autolimitazione delle bambine che, già a partire dai 6 anni, tendono a ridimensionare i propri sogni in base alle aspettative della società, non sentendosi all’altezza dei loro coetanei maschi. Una conseguenza di ciò è il forte divario di genere nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), nelle quali le donne rappresentano meno del 30% dei laureati. 

Per poter colmare il divario di genere nel mondo del lavoro sono, quindi, necessarie azioni volte a supportare le famiglie, in modo tale che il lavoro domestico non ricada in modo preponderante sulle spalle delle madri. Ad esempio, sarebbe utile aumentare i posti nelle scuole dell’infanzia e nei nidi, che spesso non riescono a soddisfare tutte le richieste obbligando i neo genitori ad appoggiarsi a strutture private o a baby sitter, che, però, comportano un costo non indifferente: infatti, diverse mamme sono costrette a lasciare il lavoro, perché non hanno altre persone della famiglia che possano occuparsi dei bambini e, allo stesso tempo, non possono sostenere il costo di una struttura privata. Inoltre, è fondamentale superare i pregiudizi culturali, promuovendo un modello di società in cui il lavoro familiare sia equamente suddiviso all’interno della coppia, e, allo stesso tempo, promuovere politiche di trasparenza retributiva.

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