riders open

Oggi, 16 febbraio 2024, salta per la seconda volta l’accordo dell’Unione Europea sulla salvaguardia di una nuova categoria di lavoratori: i rider. Conosciamo tutti questo mestiere e di sicuro la maggior parte di noi ha contribuito al suo sfruttamento ingenuamente e in modo superficiale.  

I corrieri sono sempre esistiti, ma attraverso le piattaforme digitali come Deliveroo, Glovo e tante altre il loro compito e il loro modo di lavorare sono stati modificati. Diventare un rider è molto semplice: ci si iscrive a uno dei siti sopra citati, si manda la propria candidatura in cui si deve specificare con quale mezzo verrà effettuata la consegna e in quale zona; così si viene assunti se le aziende ne hanno bisogno. Non occorre alcun titolo di studio, neanche una specifica formazione, chiunque può accedere, basta saper andare in bicicletta o guidare indifferentemente un’ automobile o un motorino. Proprio per questo motivo la richiesta è altissima e in alcuni casi le aziende che assumono sono talmente sature di lavoratori da rifiutare le innumerevoli domande.

I loro turni di lavoro sono pesanti, sono costretti a correre da una parte all’altra della città in mezzo al traffico, brutto tempo, caldo estivo, ma non a tutti sembra interessare ciò. La maggior parte di loro sono ragazzi giovani, spesso extracomunitari, che hanno solo questa unica possibilità, ma sono anche tante le persone non più giovani che dopo aver perso lavoro nel 2020, a seguito del Covid, si sono ritrovate a svolgere questa attività per mantenere la famiglia. Sono invece in pochi quelli che scelgono di essere fattorini per arrotondare le proprie entrate. 

L’unica importante regolamentazione in Italia è quella chiamata “Decreto rider” del 2019 a sostegno del fatto che i rider possono avere tutele diverse e essere considerati lavoratori subordinati, essi inoltre possono anche essere definiti autonomi, quindi con meno tutele. Non c’è nulla a livello europeo che li protegga veramente, nonostante le loro continue manifestazioni in questi ultimi quattro anni. 

Nessuna di queste loro proteste viene ascoltata, ma vengono ancora sfruttati come se nulla fosse, perché non è nell’interesse comune: per le aziende non sono persone vere e proprie,

ma solo biciclette che portano cibo, e per noi che ordiniamo fa comodo avere in ogni momento questo servizio a così poco, anzi ci lamentiamo pure quando le consegne sono in ritardo. Non proviamo mai a metterci nei loro panni e a pensare a come mai accettino di essere sfruttati da una delle numerose multinazionali. Per questo non vengono mai ascoltati, perché a nessuno importa veramente anche se sono dei lavoratori come gli altri. È impensabile che non siano riconosciuti allo stesso livello di un operaio o di un impiegato, persino quando durante le restrizioni della pandemia erano diventati quasi indispensabili.  

 

Se ci unissimo a loro nelle manifestazioni in piazza la loro situazione potrebbe cambiare, perché fino ad adesso è solo sembrata una questione che non ci riguarda, come se non fossimo in parte complici della loro condizione, sebbene sia riconosciuta da chiunque. Spero che dopo quanto si è verificato oggi le persone si rendano conto della situazione e trovino la forza di sostenere nella loro lotta i rider, lavoratori “invisibili”.

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